Orizzonti. Marìa Fux più lontano e oltre





"Non sono sola su un'isola deserta ed i volti nasceranno man mano che li guarderò"


"Per me l’integrazione è fondamentale. Fare danzaterapia in gruppo, con persone simili a noi e persone diverse da noi apre l’orizzonte individuale e fa crescere la persona. Si parla tanto di integrazione, ma in effetti cosa si fa? Io faccio integrazione, nel mio lavoro. La danzaterapia può essere parte di un processo di integrazione anche culturale in Italia, penso proprio di sì".
(Marìa Fux)


Danzaterapia integrativa con tossicodipendenti in carcere

Testo originale di Claudia Wittmann, terapeuta in danza e psicomotricità, counselor in Gestalt

La danzaterapia integrativa è una forma terapeutica, praticata in America fin dagli anni '50. Da metodo di supporto si è sviluppata sempre di più come una forma terapeutica indipendente. Le idee fondamentali dei processi curativi sono, in generale, molto antichi ed anche oggi sono esistenti nelle vecchie culture come una tradizione viva e naturale.


Photo by Adam Kaningher


Insegnanti di danza e grandi ballerine hanno scoperto che la danza è una possibilità di realizzazione della personalità che dà ai temi ed ai sentimenti una espressione tutta individuale.

Questa concentrazione sull'espressione individuale
esclude naturalmente l’uso delle tecniche prefissate.

Perciò significa, che dal momento della esclusione delle tecniche prefissate, l’essere umano si rappresenterà nella danza come una globalità (corpo-mente-anima). Non è il corpo che si muove, ma il “Leib”, come lo chiama Hilarion Petzold (Direttore dell’Istituto di Gestalt in Germania). Il “Leib” (corpo che vive) include le dimensioni corporee, psichiche e mentali dell’essere umano, con la sua integrazione nell’ambiente sociale ed ecologico, nell’ambiente di vita, nel “mondo della vita” (Lebenswelt).


Danzaterapia allo Studio di danza creativa Marìa Fux di Buenos Aires
Photo by Kurt van Aert


Quando si parla di un essere umano vivo, si può parlare solo dell’aspetto corporeo del suo “Leib”, perché quando si tocca una persona non si tocca solo il suo corpo, ma tutta la persona. Perciò un contatto fisico non è solo un contatto con il corpo, ma un contatto con tutto il vissuto della persona, con tutti i sentimenti, e con tutti i ricordi della persona che si tocca. Questo vuol dire che la “relazione dell’avere”: io ho il mio corpo”, non può illuderci, che il soggetto di questo “avere il corpo” è sempre il “Leib” (essere il corpo).


Danzaterapia metodo Marìa Fux

Trudi Schoop, una delle pioniere della danzaterapia diceva che l’essere umano è un soggetto creativo, con la capacità, ma anche il dovere, di creare, e di formare se stesso, la propria vita ed il proprio mondo. I sensi, che sono la “dotazione” fondamentale, rendono possibile il contatto, e la reazione al mondo. Tramite i sensi, il nostro mondo diventa “sensuale” e forse anche “pieno di senso”. Creare l’espressione individuale attraverso la percezione della impressione sensuale, passando dalla impressione corporea all’espressione corporea, è la capacità umana e il dovere a cui tendere particolarmente. L’espressione creativa ha le sue radici nella sensualità del “Leib”, nella capacità dell’essere umano, di conservare le impressioni corporeamente e nell'essere insieme concretamente corporeo.





Il tossicodipendente, il rapporto con la droga ed il rapporto con il proprio corpo

Le cause primarie si trovano nella struttura individuale di una persona e non nella reazione farmacologica della droga. Da questo punto di vista non è la droga il problema, ma la droga come tentativo di un auto-aiuto che fallisce. La dipendenza è l'unica forma di un adattamento a cui il dipendente può riferirsi; un tentativo a far fronte a uno stress psichico, a regolare una disarmonia intrapsichica insopportabile e ad evitare la caduta in un abbandono totale, in un abisso.


Photo by Piulet

Con l'aiuto della droga, nella psiche si crea un argine artificiale che sostituisce le funzioni dell'io, sviluppate non completamente come la tolleranza alle frustrazioni, o la difesa degli stimoli contro la paura, il dolore e la depressione. A causa della mancanza delle difese sane, forti, e sufficienti, il dipendente non riesce a reagire sulla base delle sue forze psichiche interiori, ma solo con la droga. 




L'uso della droga porta ad un cambiamento della "Leiblichkeit", cioè del sentire, del percepire, del vivere il corpo. Senza descrivere particolarmente questi cambiamenti, si può dire che la maggior parte dei tossicodipendenti perdono la sensibilità per se stessi, non sentono di che cosa hanno bisogno e chi sono. Sotto l'influenza del LSD si notano, per esempio, dei disturbi dello schema corporeo. Con la perdita del contatto con il corpo mancano delle esperienze di come si possono vivere limiti e contatti, così mancano importanti premesse per lo sviluppo dell'io, della identità e cosi per il cambiamento e la crescita.


Photo by Quico Melero

Con il consumo della droga si crea un disorientamento che porta con sé una confluenza di immagini e pensieri non controllabili, che possano provocare dei sentimenti come panico, paura, confusione, rabbia, ed aggressività, ma nello stesso momento esiste una incapacità ad esprimere quello che hanno percepito. A questo proposito il lavoro sulla percezione, cosi come sulla consapevolezza, e la espressività è una meta importante per arrivare ad un miglioramento della consapevolezza ed a una espressione autentica del sé.


Photo by Cinocino


Perché la danzaterapia in carcere?

La persona che ha commesso un reato è sempre un essere umano che ha reagito in un momento di squilibrio. Arrivata in carcere, succede spesso, che si fermano il tempo, le sensazioni e le prospettive. Il carcere, invece, dovrebbe essere proprio il posto nel quale la persona si ferma, ma in modo attivo, perché si ascolta, e dove dovrebbe avere la possibilità di sentire, capire e riconoscere il vero problema che si nasconde dietro il proprio reato.



La danzaterapia che lavora con i principi della Gestalt, naturalmente non può avere solo la meta di una vita dopo il carcere, ma vede l’essere umano nel suo “qui ed ora”, nel suo rapporto con se stesso e con l’ambiente, e perciò lavora fortemente sulle sensazioni, le paure, e le gioie, che vive la persona nel proprio momento, sulla consapevolezza della persona. Perché un individuo, che cerca una via d’uscita ad una vita squilibrata, aspira ad un “Selbst-Gefuehl” (sentimento di sé) e ad una identità che si basa sulla globalità del corpo, della mente e dell’anima. E questa armonia psicofisica c’è solo se l’essere umano vive un orientamento consapevole e produttivo verso il mondo.


Photo by Alessio Valente

Gli obiettivi della danzaterapia per tossicodipendenti in carcere sono:

- stimolare le capacità di percepire, di ascoltare se stesso e gli altri
- ridare all’essere umano la possibilità di essere di nuovo in se e nel suo mondo
- risvegliare le capacità espressive per ricreare le potenzialità creative di simbolizzazione estetica ed una capacità sensuale di un “Dasein” (essere nel mondo)
- insegnare delle tecniche per un respiro profondo e tranquillo
- fare esperienza con lo spazio, il tempo, il ritmo, ed il flusso del movimento.


Photo by Amedeo Novelli


Nella danzaterapia con detenuti tossicodipendenti, il lavoro sulla consapevolezza è fondamentale. Le sensazioni corporee mettono il tossicodipendente in contatto con i sentimenti nascosti, nascosti per paura di sentire il dolore, la sofferenza, ma anche con dei sentimenti di gioia, di amore, di benessere, mai vissuti profondamente ed intensamente.


Photo by Giovanni Zuccarello

Scoprire il proprio desiderio, il bisogno nel qui ed ora, nel movimento, sia nella improvvisazione, che nella Gestaltung (dare una forma ad una improvvisazione, così che avrà un inizio ed una fine e potrà essere ripetuta) , dà la possibilità, al detenuto/tossicodipendente, di essere più chiaro con se stesso, ed anche con gli altri, di rendersi conto dei propri meccanismi nei confronti degli altri, di prendersi la responsabilità delle proprie azioni, di crescere e di cambiare.

Photo by Galle

La danzaterapia, così, può aiutare, tramite il lavoro corporeo, a ricostruire l’equilibrio psico fisico e ad aiutare a diventare consapevoli delle proprie difficoltà, ma anche delle proprie capacità.



Photo by Raùl Ruiz


Saper vivere in equilibrio, saper confrontarsi con i momenti belli, ma anche con i momenti brutti di questa vita, può aiutare una persona a sfruttare positivamente il periodo della sua vita in carcere ed a ritrovare la forza per una vita in libertà, una vita soddisfacente e piena di senso.

Si ringrazia cortesemente la collega Claudia Wittmann per il testo originale
E-Mail: claudiawi@libero.it

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Il Metodo applicato (Fux) è artistico e non fa riferimento a contenuti psicoterapeutici.